Fin da piccoli

Fin da piccoli c’insegnano ad alzare le mani, non per violenza, ma in segno di resa. Impariamo a dichiarare a voce alta e con parole ben scandite: “non sono armato e non ho cattive intenzioni”. Che tu abbia cinque, sette o dieci anni, non fa la differenza, devi imparare che diranno sempre “Avevo paura”.


Fin da piccoli c’insegnano a scappare prima che arrivi la polizia, a nasconderci anche se non abbiamo fatto nulla di male. Qualcosa di sbagliato in noi lo trovano sempre, che sia il colore della pelle, il modo in cui portiamo i capelli o i vestiti che scegliamo di indossare.


Fin da piccoli c’insegnano a mentire su chi siamo, figli di padri inesistenti, o di madri surrogate. Noi siamo coloro che non possono esistere; ogni tanto siamo quelli che invece venivano strappati dalle mani delle famiglie, accusate d’essere violente, dipendenti da alcol e droghe, ignoranti. Si dice che quella pratica sia scaduta, ma noi sappiamo che nulla scompare nel vuoto: le vecchie abitudini prima o poi si ripresentano, bussano nuovamente alla porta, anche se con una veste differente, cercano d’imbucarsi alla festa.


Fin da piccoli c’insegnano che mentre se sei bianco e ricco puoi permetterti di commettere omicidi e rapine e qualche volta andrà bene e altre male; se sei come noi non hai scampo, sei un criminale di nascita e tale rimarrai, aspettano solo il momento in cui pronunci la parola sbagliata.


E mentre i violenti girano a piede libero da Perth a Melbourne, attraversando l’Australia da ovest a est, e poi a nord, fino alle calde terre del Queensland, a sette anni una bambina muore perché un poliziotto maschio, adulto e armato, ha avuto paura.

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