Un passo avanti. Sono dentro. Mi trovo già sul palco e non ho idea di come ci sono arrivata. Devo muovermi. Grand-plié. Prima. Quinta. Pas de chat. No, no. Aspettate, fermi tutti. Come sono arrivata dalla prima alla quinta? Come sono arrivata in questo teatro? Poi sono troppi plié di fila. Grand plié, poi un demi-plié. No. Voglio ricominciare da capo.
Ma non sono a casa, non sono nella sala dove ho provato per gli ultimi dieci mesi. Sono qui davanti al pubblico, alla prima dello spettacolo. Chi avrebbe mai pensato che sarei arrivata fin qui? Io di certo no, ma questo mi spinge a non mollare. Ora che sono davanti a tutto il pubblico, ferma immobile dall’inizio di questo monologo interiore, cosa faccio? La musica va avanti. La sento vibrare sui miei tendini. Mi sono preparata per così tanto tempo. Chiusa da sola dentro quella sala, mi sono maledetta. Non riusciva il passo; ho patito le pene dell’inferno con queste scarpette, il freddo per essere vestita come una grande ballerina, la fame per poter volare, solo qualche istante. Poi, un giorno, ce l’ho fatta. Ero pronta. Ora sapete che faccio. Uno scherzo a tutti. Perché che senso ha, dico io, arrivare così in alto, sacrificare così tanto, se poi manco posso farmi una risata? Sarò scomposta, ma almeno mi diverto.
Mi lascio cadere a terra, si, proprio così. L’unico movimento di questo balletto. Non ve lo aspettavate, eh?!
certo che l’ho fatto di proposito, era studiato: tanto sarebbe finita così comunque, quindi perché rimandare con tentativi che non provocano altro che sofferenza?
Mi alzo. La musica scorre ancora. Un inchino. Grazie.
In un attimo è tutto finito.
La vita è bella, solo se vogliamo